Ilaria Riccioni

Depero

La reinvenzione della realtà

Solfanelli, Chieti, Marzo 2006

 

dalla Premessa dell'Autore

     Durante la primavera del 2001 ho avuto modo di trascorrere un periodo a Rovereto per raccogliere materiale presso gli archivi del Novecento del Mart. L’avveniristico polo museale, all’epoca era ancora in costruzione, mentre oggi è pienamente funzionante. Io mi recavo in via Rosmini, una sede ampia ma non abbastanza da poter ospitare grandi esposizioni. Al piano inferiore si trovavano gli archivi, il mio luogo di quotidiano incontro con documenti, libri, lettere, fotografie del Fondo Depero. Ho potuto in questo modo annusare i luoghi, osservare e percorrere strade che hanno visto questo vitale e attivissimo artista del Futurismo crescere e realizzare la sua vocazione. Non ho avuto con lui un rapporto esistenziale profondo, come spesso accade con autori più coinvolgenti e forse più problematici. È stato un lento conoscersi, studiarsi, non sempre capirsi. A distanza di tempo ne comprendo il motivo: voler ricostruire l’universo significa prenderne le distanze e operare razionalmente sulla realtà, in questo caso per mezzo dell’arte. Ricostruire la realtà, dunque, è per Depero un modo per non entrarci appieno, ma per costruire un mondo parallelo. L’arte è sempre costruzione di un mondo nel quale l’artista si trova a suo agio, ma nel caso di Depero l’ambizione è maggiore: ricostruire l’universo rallegrandolo significa realizzare la propria vena artistica e, producendola su base industriale, poter occupare più spazi possibili. Le sue opere esuberanti, la sua infaticabile capacità di costruire la realtà, la sua umanità profonda che si rivela nelle lettere e nei rapporti affettivi mi hanno lentamente guidato nel mettere a fuoco alcuni aspetti del movimento futurista.
     Questo lavoro aggiunge un tassello ai miei studi precedenti sulle avanguardie e ne amplia per molti aspetti la visuale. Depero è futurista. Su ciò non v’è nulla da eccepire. Ma il suo futurismo è costruzione: Marinetti dice di lui che“la spontaneità e la ricchezza inesauribile della sua sensibilità, insieme musicale, colorata e volumetrica, non hanno avuto bisogno di attraversare l’esperienza del verso libero”. Non ha avuto bisogno di impegnarsi a fondo e ribellarsi contro il passato. Fin dall’inizio della sua attività artistica si sentiva già libero. È futurista, dunque, ma sembra godere di un privilegio che lo distingue dagli altri futuristi: una capacità di vivere il quotidiano in modo extraquotidiano.
     Reinventando la realtà e vivendoci dentro. In tal modo, la sua vena artistica e la sua energia non si disperdono in battaglie esistenziali, ma sono impiegate da subito nell’arte, totalmente.
     La sua battaglia è impegnata socialmente, ma sempre in nome dell’artista Depero, assurgendo ad una coerenza di vita che lo vede solo e sempre artista. Risulta difficile talvolta ricostruire criticamente il suo percorso artistico, che è ossessivamente ricostruito e documentato in quaderni scritti più volte e più volte copiati “in bella”. L’ossessione per il controllo della propria immagine sfiora la furia maniacale di una perfezione forse irraggiungibile.
     Nel percorso precario di questo artista indubbiamente dotato si scorge l’immagine di un “uomo tale quale come la sua opera”. La presenza preponderante di fatti, di opere d’arte e per l’arte ne fanno un futurista in senso pieno che forse neanche Marinetti, impegnato su troppi fronti, è riuscito ad essere in eguale misura.
     Unico tra i futuristi a rimanere fedele al futurismo e contemporaneamente a se stesso, inondando di coloratissime trovate e vitali opere artistiche l’epoca tra le due guerre e il periodo successivo, Depero sembra combinare in sé l’indipendenza e la laboriosità nordica con una calorosissima umanità e spirito d’iniziativa, nonché un infaticabile spirito di sacrificio per il lavoro e una buona dose di opportunismo pratico. Per evitare le eventuali discriminazioni riservate agli ex-fascisti, parte una seconda volta per gli Stati Uniti nel ’47, e quando torna nel ’49 spera che la gente abbia dimenticato i suoi “discorsi in camicia nera”.
Sarà l’unico del movimento a prestare avanguardisticamente le sue qualità artistiche per progetti pubblicitari e per produzioni industriali di oggetti, indumenti, arredamenti e decorazioni, ivi comprese le insegne luminose, da lui considerate simbolo sintetico di una qualsiasi iniziativa. Fu l’unico a realizzare le idee del futurismo per un’arte nel quotidiano, creando un’intesa esuberante e nello stesso tempo concreta tra la creatività artistica e la macchina tecnologica. Fu l’unico che si volse alla macchina come industria sfruttandone le qualità produttive per la causa dell’arte. In questa prospettiva, Depero può essere a ragione considerato un anticipatore e un realizzatore dell’industrial design, quale fu poi sviluppato da Marcello Nizzoli ed Ettore Sottsass.

Ilaria Riccioni