I Poemi conviviali sono la rievocazione di un passato che per Pascoli non è mai morto, ma che continuamente vive attraverso le sensazioni e la memoria storica. Intessuti di metafisica e filosofia, tali versi rievocano personaggi dell’antichità, vagliati e analizzati dalla sensibilità di un poeta della modernità e che pertanto si trasformano in eroi moderni.
Di essi, il Pascoli rimarca il senso del mistero inaccessibile o, comunque, mai completamente svelato, la presenza della morte avvertita con angoscia, lo smarrimento di fronte all’infinito e la perdita dei valori su cui gli antiqui si sono formati e hanno costruito la loro poliedrica civiltà letteraria.
La caratteristica peculiare ed essenziale di questi poemi s’incista nella fusione di poesia e cultura, di storia e mito grazie alla quale il poeta si riappropria della sua fanciullezza e si culla nelle illusioni. Onde ne derivano la dissoluzione del tempo che diventa una dimensione interiore e la frammentazione della realtà che, assumendo la fisionomia di un universo di finzioni, si trasforma in un’entità metafisica, un “nulla mitologico” in cui è dolce perdersi.
Pascoli evidenzia qui più che altrove la condizione precaria e degradata dell’uomo moderno, ma vuole anche sottolineare che la poesia, in quanto attività intuitiva ed emotiva, invita alla fratellanza, alla solidarietà e all’unione nella rassegnazione per una impossibile felicità.